Le vostre storieNegli ultimi giorni di agosto avevo notato che l'intraprendenza dei cuccioli era aumentata… Foto Matteo Papa © Lupi riva fiume

Di Matteo Papa

Una sala autopsie, in effetti, non è il miglior luogo per avere il primo contatto reale con un animale che amo da più di vent’anni, anche se, facendo il medico veterinario, non è in fondo così innaturale.

Per la prima volta, dunque, mi trovavo davanti al mio animale preferito “in carne ed ossa” anche se, purtroppo, era finito su un freddo tavolo di acciaio; il nostro compito era conoscere i motivi per cui quell’animale era disteso su quel tavolo. Potevamo “approfittare” della situazione per scoprire quante più cose si potessero su una specie che stava facendo nuovamente capolino nella penisola italiana dopo essere stato, per almeno tre decenni, sull’orlo della scomparsa, grazie ad una caccia che aveva appunto mirato a farlo estinguere.

La cosa che più mi ha colpito, fin dal primo sguardo, era che quell’animale impersonificava in sé stesso sia il mio amore per i lupi, che il terribile mostro delle fiabe che le nostre ignare nonne ci insegnavano a temere ed in qualche modo a odiare. L’esemplare che avevo disteso davanti, poi, aveva anche un ulteriore caratteristica “patognomica” della antologica ferocia: era completamente nero, ad eccezione di una piccolissima macchia bianca sul petto.

Un lupo con fenotipo nero durante un'autopsia. Foto Matteo Papa © Autopsia lupo veterinario
Un lupo con fenotipo nero durante un'autopsia. Foto Matteo Papa ©

Senza dilungarmi in cronaca ed esito dell’autopsia, mi limito a rispondere alla domanda che intravedo balenare negli occhi dei miei lettori: era un lupo assolutamente “puro”.

Da quel giorno ho dovuto vedere altri lupi morti ma, fortunatamente, ho avuto la possibilità di avere vari incontri con esemplari in natura che mi hanno sempre lasciato magnifici ricordi e quella scarica di adrenalina del primo contatto.

Pur vivendo in collina, uno dei periodi più emozionanti ed etologicamente istruttivi, è legato ad un branco che ho seguito in quella che qui viene chiamata “bassa”, ovvero in pianura e, specificatamente, in quella che era adibita a riserva di caccia su volatili acquatici.

Nei primi giorni di un’estate che si preannunciava caldissima, mi era stata segnalata con frequenza la presenza di un lupo maschio in una zona di terreni arati e case coloniche, nel mezzo dei quali, come una piccola oasi, si trovava una bellissima riserva di caccia. Più sperando nella teoria per cui quando si ha a che fare con i lupi” never say never, never say always”, che appoggiandomi ad una convinzione oggettiva, una mattina all’alba sono andato a spiare tra i canneti.

Mi si apriva davanti uno spettacolo meraviglioso: contornato da una specie di tratturo, sopraelevato e assicurato da un canale ricco d’ acqua e fitta vegetazione, si estendeva un vasto canneto interrotto da macchie di terra sabbiosa e un complicato reticolo di canali intervallati da piccole vasche d’acqua. Quell’ambiente era abitato da poi da centinaia di uccelli: dalle oche selvatiche ai fenicotteri, alle spatole e ai falchi di palude.

In un luogo preciso della riserva, l’intrico di canne si apriva lasciando spazio ad un piccolo punto di osservazione e decisi di appostarmi lì per godermi lo spettacolo animato da tutti quegli uccelli.

Dopo una decina di minuti, improvvisamente vidi uscire dalle canne, ciondolando, un cucciolo di lupo dinoccolato. Ignorando completamente la mia presenza si buttò in un piccolo spiazzo erboso e, dopo uno svogliato sbadiglio, riprese un sonno evidentemente non ancora terminato ed ora favorito da quel sole appena sorto.

Riprendendo un sonno evidentemente non ancora interrotto. Foto Matteo Papa © Foto lupo assonnato
Riprendendo un sonno evidentemente non ancora interrotto. Foto Matteo Papa ©

Questo è stato l’inizio di quasi due mesi meravigliosi, dove ho potuto assistere, senza arrecare disturbo, alla vita di un branco formato da due adulti e cinque cuccioli, che pur avvertendo ovviamente la mia presenza (un cucciolo in particolare dopo qualche giorno sembrava quasi mi “cercasse”), non sembravano curarsi particolarmente di me.

Super lupone e il suo mantello. Foto Matteo Papa ©. Lupo telo verde supereroe
Super lupone e il suo mantello. Foto Matteo Papa ©.

In quei giorni ho potuto assistere ai giochi sfrenati dei piccoli, capaci di giocare con qualsiasi oggetto gli capitasse tra… le fauci: un pezzo di telone verde è diventato un “tira e molla” per essere poi trascinato come un mantello (da cui il soprannome “super lupone”); le corse intorno ad una canna solitaria, culminate con un cambio di marcia improvviso di uno dei tre giocatori e costato una zoppia ad un altro. Oppure un uggiolio tra le canne con conseguente apparizione del maschio adulto, che in pochi attimi è sbucato dalla parte opposta del canneto e si è tuffato tra le canne nel punto da cui proveniva il lamento. O ancora, dei denti messi in bella mostra dallo stesso maschio quando le richieste di cibo diventavano troppo insistenti.

Negli ultimi giorni di agosto avevo notato che l'intraprendenza dei cuccioli era aumentata… Foto Matteo Papa © Lupi riva fiume
Negli ultimi giorni di agosto avevo notato che l'intraprendenza dei cuccioli era aumentata… Foto Matteo Papa ©

Negli ultimi giorni di agosto avevo notato che l’intraprendenza dei cuccioli era aumentata e, invece di rimanere nella parte anteriore della zona di rifugio, sparivano nella parte posteriore del canneto. Così, dopo aver osservato quel comportamento per diversi giorni, decisi di cercare di capire fin dove arrivavano le loro nuove escursioni.

Ho iniziato a seguire il bordo del canneto, diviso tra la voglia di scoprire cosa mi riservassero ancora i cuccioli e il timore di disturbarli con la mia presenza; nel silenzio del tramonto, tra le canne, ho sentito un rumore misto di ringhi e schiocchi di mandibole, uggiolii e piccoli abbai. Dopo essermi fermato, in attesa, due cuccioli sono comparsi giocando a pochi metri da me, così presi dalla loro lotta che non avevano minimamente avvertito la mia presenza.

Un cucciolo, ormai di circa cinque mesi, mentre rosicchia i resti di una vecchia preda. Foto Matteo Papa ©
Un cucciolo, ormai di circa cinque mesi, mentre rosicchia i resti di una vecchia preda. Foto Matteo Papa ©

Quel gioco è andato avanti per alcuni minuti, fino a che uno dei due si è allontanato mentre l’altro è rimasto a giocare con quello che poteva sembrare un grosso pezzo di pelle ormai resa cuoio. Nel suo camminare tra la vegetazione mi resi conto che il suo passo non era costante: era sicuramente il lupetto zoppo che avevo visto correre con i fratelli qualche giorno prima!

Improvvisamente, attratto probabilmente da un rumore che avevo fatto spostando un piede, il lupo mi rivolse la sua attenzione. Scambiando il rumore come un possibile segno di ritorno del fratello, dopo essersi acquattato ed aver alzato il posteriore come in un invito al gioco, con un balzo in avanti prese ad avvicinarsi trotterellando verso il punto dove ero nascosto.

Ad ogni suo passo aumentava l’adrenalina che si riversava nel mio corpo ed una domanda si faceva strada nella mia mente: “E adesso?”

E adesso? Foto Matteo Papa © Lupo vicino osserva curioso
E adesso? Foto Matteo Papa ©

Quando ormai eravamo separati solo da una fila di canne, il cucciolo si è fermato di colpo, quasi davanti a me, ed ha fatto dietro front, allontanandosi senza correre ma avendo evidentemente perso interesse per quello che aveva scambiato per il suo compagno di giochi.

Quell’incontro ravvicinato mi fece capire che la mia presenza in quel luogo così “ristretto” era forse diventata troppo costante e consueta e, al di là della splendida emozione di poter vedere crescere quei cuccioli e osservare con i miei occhi dinamiche di branco lette solo in tanti libri, l’ultima cosa che volevo era che quei lupi si abituassero alla presenza dell’uomo e pensassero di potersi minimamente fidare.

E infine il cucciolo ha fatto dietro front, allonandosi senza correre... Foto Matteo Papa © Lupo che si allontana correre
E infine il cucciolo ha fatto dietro front, allonandosi senza correre... Foto Matteo Papa ©

Smisi di andare in quella riserva seppure ebbi spesso la tentazione di tornare per vedere se “stavano tutti bene”.

Dopo alcuni mesi, tramite un conoscente, ho saputo che in un’altra riserva, ad una quindicina di chilometri da lì, si era stabilito un branco di due adulti e cinque cuccioloni, di cui uno un po’ zoppo: sì, i “miei” lupi di palude (li avevamo ribattezzati così con un amico), stavano tutti bene.

Autore

Matteo Papa, veterinario e fotografo naturalista
Matteo Papa, veterinario e fotografo naturalista.

Matteo Papa

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