Sin dal lontano passato gli umani competono con i carnivori per spazio e risorse. La persecuzione del lupo va avanti quindi da secoli e millenni, mutando entità e forme di questo conflitto.
Sebbene gli antichi romani utilizzassero la lupa capitolina come simbolo di Roma, allo stesso tempo già piazzavano taglie sulla testa di esemplari di lupo in territorio romano.
La storia della sopravvivenza del lupo in Italia è lunga e travagliata e ha radici insediate nel passato.
Agli inizi del Novecento il lupo era ampiamente distribuito lungo tutta la penisola italiana, ma i costanti conflitti con l’uomo e l’avvento di metodi più efficaci di cattura e uccisione, portarono ad una graduale eradicazione della specie. Arrivati all’estinzione sulle Alpi e in Sicilia rispettivamente negli anni ‘20 e ’40, i lupi sopravvivevano soltanto lungo la catena appenninica.
Qui, nell’ultima roccaforte selvaggia, rifugio di questa specie, negli anni ’50 la popolazione di lupi è andata a ridursi e frammentarsi fino al 1976, arrivando ad un minimo storico di circa 100 individui in Italia.
Negli anni ´70, le ultime popolazioni di lupo sopravvivevano con pochi branchi sulle montagne d’Abruzzo, in Toscana, forse tra Umbria, Lazio e Marche, e sul massiccio della Sila in Calabria.
Nel corso degli anni, inoltre, le tecniche di monitoraggio del lupo si sono evolute divenendo sempre più precise ed efficaci. Le stime numeriche del lontano passato potrebbero perciò differire fortemente dal numero reale di lupi che vivevano in quegli anni in Italia.
Fino alla metà del secolo scorso, esisteva in alcune aree montane la figura del luparo. Questi cacciatori, in equilibrio tra mito e realtà, avevano il compito di catturare o uccidere i lupi che affliggevano il bestiame. Sulla testa dei lupi c’erano delle vere e proprie taglie e i lupari venivano ricompensati con cibo e doni una volta rientrati in paese con il trofeo della caccia.