Francesco Romito
Vicepresidente e responsabile della comunicazione dell’associazione Io non ho paura del lupo

Intervista a Francesco Romito Vicepresidente dell’Associazione Io non ho paura del lupo APS, di cui è anche responsabile della comunicazione. Da tempo indaga la presenza del lupo nelle Alpi centro-orientali.

Come è iniziata la tua esperienza con i lupi? Perché proprio questa specie?

Fin da piccolo, il lupo ha sempre avuto per me un’aura quasi mitologica: un animale tanto reale quanto avvolto da leggende, paure e fraintendimenti. Ma è solo crescendo che ho iniziato a rendermi conto di quanto questa specie fosse, in realtà, profondamente fraintesa e spesso vittima di una narrativa distorta. Questo è probabilmente la cosa che mi ha spinto ad approfondire di più la vita di questo animale: un mix di curiosità, attrazione e mistero. D’altronde il lupo rappresenta una cartina tornasole del nostro rapporto con la natura. Dove c’è il lupo, c’è un ecosistema che funziona — o che almeno tenta di resistere, anche adattandosi oltre le nostre aspettative. E dove il lupo torna, spesso tornano anche le domande più profonde: quanto spazio lasciamo alla natura? Quanto siamo disposti a convivere con la complessità?

 

Gestire un’associazione come Io non ho paura del lupo è una grande soddisfazione ma anche una grande sfida: vuoi raccontare un po’ cosa vuol dire per te?

Gestire questa associazione significa tenere insieme mondi diversi: la scienza e la comunicazione, la conservazione e il confronto con chi è arrabbiato o spaventato. È spesso un lavoro di mediazione, di ascolto e di costruzione di fiducia. C’è una parte di comunicazione, una parte molto tecnica e poi c’è la parte umana, che è forse la più complessa: entrare in punta di piedi nei territori, parlare con allevatori, cacciatori, amministratori, cercando di capire prima di voler essere capiti. Ogni volta che un dialogo si apre, ogni volta che si accetta di fare un passo verso l’altro — che sia un cittadino dubbioso o un allevatore esasperato — quella è una piccola vittoria. La soddisfazione più grande? Vedere come le persone scoprano che la coesistenza è possibile.

 

La presenza del lupo in Italia è in costante mutamento. Come pensi che si evolverà questa storia?

Il futuro del lupo dipenderà in gran parte da come noi sapremo evolverci come società. Dal punto di vista biologico, la specie ha dimostrato una straordinaria resilienza e capacità di dispersione: stiamo assistendo alla colonizzazione naturale di aree dove il lupo era sparito da secoli, anche grazie a una rete ecologica che, seppur frammentata, permette ancora spostamenti a lungo raggio.

Ma sul fronte sociale e politico, la situazione è più instabile. Le pressioni per un declassamento della protezione legale in Europa, alimentate da paure e interessi economici, ci dicono che la sfida sarà mantenere una gestione razionale, scientifica, non emotiva. Penso che la storia del lupo sarà sempre più intrecciata a quella della nostra capacità di convivere con la natura. Non sarà un cammino lineare, ma se sapremo tenere aperto il dialogo, potrà essere una storia di coesistenza. Di certo non dobbiamo sprecare gli sforzi di conservazione fatti negli ultimi decenni. L’Italia è sempre stata un esempio per altri Paesi europei, eppure adesso il vento sembra soffiare a sfavore di questa specie.

 

Coesistenza: è possibile?

Sì, ma non è un processo automatico e non si può imporre. La coesistenza è un processo culturale partecipato, prima ancora che tecnico. Significa riconoscere il diritto del lupo a esistere, e al tempo stesso prendere sul serio le difficoltà di chi vive nei territori dove il lupo è presente. Vuol dire investire in prevenzione, informazione, rimborsi rapidi, assistere gli allevatori. Ma anche abbandonare le semplificazioni: né demonizzare né idealizzare. Il lupo non è né un mostro né un santo: è un predatore, con cui dobbiamo imparare a convivere — perché è tornato per rimanere e perché ha un ruolo importante per gli ecosistemi.

 

Che raccomandazioni daresti a chi convive in un’area abitata da lupi, o a chi lavora a stretto contatto con il lupo?

La prima cosa è informarsi da fonti affidabili. Tante paure derivano dalla disinformazione. Poi c’è la parte pratica: per chi alleva, la prevenzione è fondamentale. Recinzioni elettrificate, cani da guardiania, buona gestione del pascolo. Non sono soluzioni miracolose, ma strumenti efficaci se applicati con competenza. Infine, serve un atteggiamento di apertura: dialogare con tecnici, partecipare a incontri, conoscere la biologia del lupo, le sue caratteristiche e i possibili rischi.

 

Descrivi il lupo con tre parole.

Resistente. Incompreso. Essenziale.

 

Mistificazione e conflitto: come pensi sia corretto vedere i lupi italici oggi?

Oggi è fondamentale uscire dalle narrazioni polarizzate. Il lupo non è un simbolo ideologico, ma un tassello cruciale della biodiversità italiana, nonché un valore per milioni di cittadini italiani ed europei. La sua presenza ci pone domande reali, che non si possono ignorare né con la paura né con il romanticismo. Vederlo per quello che è — un predatore sociale, adattabile, con un ruolo ecologico e una storia che parla anche di noi — è il primo passo per affrontare il conflitto in modo maturo. E smettere di usarlo come capro espiatorio per problemi che spesso hanno origini molto più profonde.

 

Quali sono le più grandi minacce per il lupo italico?

La principale minaccia oggi, dal mio punto di vista, è il bracconaggio, che continua ad uccidere centinaia di lupi ogni anno, spesso in silenzio e senza pene adeguate. Poi c’è l’ibridazione con i cani domestici: un fenomeno complesso, che rischia di compromettere la purezza genetica del lupo se non affrontato con strumenti adeguati. Ma forse la minaccia più insidiosa è la disinformazione, che alimenta paura e odio, e apre la strada a politiche miopi e punitive.

 

Vuoi aggiungere qualcosa?

Solo un invito: uscire nei boschi, imparare a leggere le tracce, ascoltare. Scoprire il lupo con occhi nuovi, non come simbolo di paura, ma come compagno silenzioso di una natura che ancora resiste. E magari, sentirsi meno soli. Perché in fondo, se c’è ancora spazio per il lupo, forse c’è ancora speranza anche per risolvere le enormi sfide che come umanità ci aspettano nel prossimo futuro. Noi come Io non ho paura del lupo ci stiamo provando, e se volete saperne di più, visitate il nostro sito www.iononhopauradellupo.it e unitevi a noi.

https://www.storiedilupi.com

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