Giuseppe Festa
Naturalista e scrittore
Intervista a Giuseppe Festa, naturalista e scrittore
Giuseppe Festa, naturalista e scrittore. Autore di diversi libri tra cui Il passaggio dell’orso, I figli del Bosco e La luna è dei lupi.
Come è iniziata la tua esperienza con i lupi? Perché proprio questa specie?
Tutto è cominciato con un ululato. Durante un’escursione nei Sibillini, partecipai a una sessione di wolf-howling e rispose un branco. Quel suono mi colpì nel profondo, come un richiamo antico. Da allora il lupo è entrato nella mia vita come simbolo di libertà, resistenza e mistero.
Autore e naturalista: è evidente che entrambi questi aspetti si influenzino reciprocamente. In che modo?
Scrivere e osservare la natura per me sono due facce della stessa medaglia. Quando cammino nei boschi o seguo le tracce di un animale, sto già raccontando una storia. E quando scrivo, cerco di restituire quella stessa meraviglia, quella stessa autenticità che solo la natura sa offrire. Il naturalista mi aiuta a essere credibile; lo scrittore, a tentare di rendere emozionante ciò che osservo. È un dialogo continuo tra rigore scientifico e stupore narrativo.
I figli del Bosco: la scrittura di questo libro ha richiesto un’esperienza immersiva a 360°. Puoi raccontarci cosa ha significato?
È stato come entrare in punta di piedi nella vita dei lupi, senza filtri. Per mesi ho seguito sul campo la vicenda vera di due cuccioli orfani, Ulisse e Achille, allevati e poi liberati. Ho parlato con chi li ha accuditi, ho assistito a momenti straordinari, e ho anche vissuto dubbi e paure. Non ero solo un narratore, ma parte della storia. I figli del Bosco è diventato per me un viaggio interiore, un racconto sulla resilienza, la libertà e il nostro rapporto con il selvatico.
La presenza del lupo in Italia è in costante mutamento… Come pensi che si evolverà questa storia?
Il lupo è tornato dove era scomparso, camminando sulle sue zampe, senza bisogno di essere reintrodotto. È una delle più belle storie di ritorno della fauna selvatica in Europa. Ma ora inizia la parte più difficile: imparare a convivere. La sua presenza suscita timori, conflitti, ma anche speranza. Credo che il futuro dipenderà da quanto sapremo ascoltare i territori, formare le persone, e investire in prevenzione. Perché il lupo non è un nemico: è uno specchio, che ci costringe a ripensare il nostro posto nel mondo.
Che raccomandazioni daresti a chi convive in un’area abitata da lupi o a chi lavora a stretto contatto con loro?
La prima raccomandazione è: conoscerlo. Il lupo fa paura solo a chi non lo conosce. Chi vive o lavora in aree di presenza può fare molto con strumenti efficaci: recinzioni elettrificate, cani da guardiania, ricoveri notturni per il bestiame. Ma serve anche una cultura della convivenza, che valorizzi le buone pratiche, senza cedere alla tentazione della semplificazione o del sensazionalismo. Il lupo è un animale schivo, non un mostro. Ma chiede rispetto e competenza.
Coesistenza: è possibile?
Sì, è possibile. Ma non è facile, né scontata. Serve ascolto, dialogo e responsabilità da parte di tutti: allevatori, ambientalisti, istituzioni. Il lupo non è né una minaccia assoluta né un’icona intoccabile. È un animale selvatico, con esigenze precise. La convivenza è fatta di piccoli equilibri quotidiani, da costruire sul campo. Ma quando funziona, diventa un esempio potente di armonia tra natura e attività umana.
Descrivi il lupo con tre parole.
Selvatico, leale, necessario.
Selvatico perché appartiene a un mondo che ci sfugge.
Leale perché è fedele al branco, alla sua natura.
Necessario perché senza il lupo, i nostri ecosistemi – e forse anche le nostre coscienze – sarebbero più poveri.
Mistificazione e conflitto: come dovremmo vedere i lupi italici oggi?
Dovremmo liberarli dal mito del cattivo delle fiabe. Il lupo non è buono né cattivo: è semplicemente se stesso. Troppo spesso viene usato come capro espiatorio per problemi complessi, dalla crisi della pastorizia al disagio delle aree interne. Ma il lupo è anche simbolo di un’Italia che resiste, che si rigenera. Guardarlo con occhi liberi da paura o ideologia è il primo passo per comprendere cosa rappresenta davvero: un pezzo di selvatico che ci appartiene.
Quali sono le più grandi minacce per il lupo italico?
Oggi il lupo non rischia più l’estinzione biologica, ma quella culturale. La più grande minaccia è l’incomprensione. Seguono a ruota il bracconaggio, la disinformazione, e la perdita di habitat. Anche l’ibridazione con i cani, frutto spesso dell’abbandono, è un pericolo crescente. Ma finché il lupo sarà raccontato male, frainteso, osteggiato, sarà difficile proteggerlo davvero. Per questo la narrazione è parte integrante della conservazione.
Vuoi aggiungere qualcosa?
Raccontare il lupo non significa solo parlare di un animale. Significa raccontare la nostra relazione con la natura, le paure che ci portiamo dietro, e il bisogno profondo di rispecchiarci in qualcosa di più libero, di più autentico. Ogni volta che ulula, il lupo ci chiede se siamo ancora capaci di ascoltare la voce del selvatico.